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lunedì 2 novembre 2009

high school reunion

Non ho mai amato tanto i Satanic Surfers.. no anzi aspetta che riformulo, i Satanic Surfers mi sono sempre stati un po' sul cazzo.
Se devo razionalizzare, la motivazione "politica" di questa mia antipatia è probabilmente dovuta al fatto che li ho sempre giudicati un gruppo buono per poser e basta. Ok, ai tempi i poser erano diversi, dicevano "truzzi al rogo, punk al pogo", avevano la maglietta dei Sex Pistols, fumavano le Diana e dominavano le autogestioni con concetti di alta politologia (= frasi fatte).
Ma è meglio fermarsi prima di finire irrimediabilmente off-topic, questi efferati colpi di fucile sulla croce rossa servivano solo per definire lo scenario in cui i SS (ahah, quanta ironia in questo acronimo) spopolavano tra i kids. Di certo io non ero al di fuori di tutto ciò (soprattutto per quanto riguarda le Diana), ma nonostante questo ho sempre trovato insensata l'adorazione per codesta band piuttosto che per altre. Tipo, i Millencolin li battevano su tutti i fronti. Assolutamente.
Detto questo, la motivazione politica lascia il tempo che trova, e per dirla tutta non è nemmeno la principale: in realtà, il vero motivo per cui non ho mai amato i Satanic Surfers è il loro cantante, tale Rodrigo. Vi giuro, quell'irritantissima voce nasale che ripeteva quelle melodie ruffiane, ammiccanti, dozzinali, mi ha sempre impedito di ascoltare un loro intero disco. Sempre in primo piano, a causa anche di una produzione che la evidenziava nel modo peggiore. Che poi a livello strumentale non erano neanche malvagi (claro, direte voi, svedesi), le chitarre costruivano riff belli elaborati e il drumming (a opera dello stesso Rodrigo, che avrebbe potuto dedicarvisi completamente, salvando la situazione) era sempre serrato e fottutamente veloce, proprio come piaceva a noi. Ma quella voce.. Niente da fare, quando il cantante ti irrita, si porta dietro tutto il resto.
Detto questo, ho recentemente avuto la (s)fortuna di ritrovarmelo davanti, un po' come il compagno di classe del liceo che odiavi e per nulla al mondo avresti pensato di ricercare, e che improvvisamente ti aggiunge come amico su facebook. Nello specifico, dopo aver letto recensioni più o meno entusiaste, mi sono procurato il brand-new-ep degli svedesi Atlas Losing Grip, intitolato Watching the Horizon.

In realtà, dopo aver letto chi era il cantante, non è che fossi entusiasta dell'idea. Inoltre, tra i vari articoletti che ne parlavano, la si metteva un po' troppo sul piano "ritorno agli anni '90" per i miei gusti. Ok, gli anni novanta sono stati una figata, ero minorenne, non sapevo cosa sarebbe stato della mia vita e il punk rock era il simbolo della mia ribellione personale contro i genitori (che storia originale, eh?). Ciò non toglie che l'accacì melodico esiste ancora, la cosiddetta "scena" alternativa attuale si può ribellare al massimo contro il parrucchiere (e converrebbe che lo facesse alla svelta) e la musica buona ha preso strade ben diverse da quelle battute all'epoca. Andare a mille all'ora non è passato di moda, semplicemente ha smesso di essere lo standard posto come punto di partenza per tutti, portandosi dietro, effettuccio collaterale non irrilevante, buona parte del superfluo.
E dato che il genere in questione non ha mai smesso di gustarmi, seppur ora i miei ascolti siano un pelino più variegati, ho deciso di dare a Rodrigo una chance, accettanado metaforicamente l'amicizia su facebook del compagno di classe eccetera. Che poi manco ce l'ho facebook.
Heartbeat, la prima canzone, parte con un riffettino a mid-tempo molto accattivante, se vogliamo una cosa a la This Is A Standoff, poi l'usignolo inizia a cantare e storco un po' il naso. Qualche gang vocal e un coro azzeccato, tuttavia, mi rimettono dell'umore giusto. Le chitarre si vanno a intricare un po', la batteria va su e giù sull'acceleratore, e nel complesso riconosco che il vecchio Rodrigo qualche improvement l'ha avuto. Mettiamola così: quando si incazza il vecchio basardo ha il suo perché. L'estensione vocale ce l'ha, e quando la usa, invece di gongolare sulle melodie piacione, gioca un po' la parte del Tim McIlrath de'noartri, cosa che non è male, dato che dei Rise Against si può dire tutto, ma non che non abbiano un cantante con i controcazzi.
La prima song scorre via liscia, e con lei le altre quattro dell'ep. Niente di eclatante (tipo che una qualsiasi canzone da Iron Front si mangia tutto il disco a colazione), ma abbastanza da meritare qualche ascolto. Niente che rivoluzionerà il genere, of course, ma se vi piacciono i citati This Is A Standoff troverete pane per i vostri denti. Da parte mia, non posso dire di aver fatto del tutto la pace con Rodrigo, ma quanto meno mi sento disposto a concedergli un'altra possibilità, nella speranza che prosegua sulla strada giusta (ascoltatevi il ritornello di On To The Streets o la conclusiva Slow Down).
La nota di amarezza finale è dedicata a una riflessione assolutamente gratuita sul genere in questione: quando gli europei inizieranno a fare qualcosa per rinnovarlo, 'sto maledetto hc melodico, invece di seguire sempre e inevitabilmente i colleghi americani? Eticamente parlando un pesante conflitto di interessi mi impedirebbe di fare questo discorso ma.. speriamo che qualcosa di muova presto. Magari dall'Italia, chissà ;)

Best,
fede

2 commenti:

Matt ha detto...

Se ci penso bene, mi rendo conto che il mio approccio ai SS (eh eh) è sempre stato un po' particolare. Se me li facevano ascoltare mi esaltavo abbastanza, poi però di loro non andavo a cercare nulla. In effetti mi ricordo - come mi segnalavi tu qualche tempo fa - i loro testi abbastanza piatti e denotativi, ma anche un bel concerto al Rainbow con nonsochi. Personalmente li considero un simpatico corollario di un'epoca d'oro.

fede ha detto...

con un altro cantante sarebbero stati una grande band. un po' come i Dramalove.
..oh ma qui se non scrivo io si batte la fiacca??
nel weekend qualche nuovo post in arrivo. prima non ce la faccio, sono in un delirio di sbattimenti.

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