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giovedì 9 settembre 2010

Pensieri paradossalmente inutili e privi di valore. TEMPO PERSO.

...Ho letto un articolo che parla dei crimini di guerra commessi da 5 soldati USA in Afganistan.

Ed ho colto l'occasione per esprimere dei pensieri...

pensieri banali...

pensieri di tutti...

ma pensieri che vengono sempre messi da parte...

e sinceramente, penso che sopprimere certi pensieri sia sintomatico di intelletto nella realtà in cui viviamo.

Perchè una persona di intelletto evita di sprecare fiato, quando sa che è solo tempo perso...

sfortunatamente, come sapete, io non sono una persona troppo acuta:


Ogni guerra non ha una vera ragione per esistere...

ogni conflitto viene studiato a tavolino unicamente in nome dell'economia.

Senza certi soggetti crollerebbe il capitalismo, crollerebbe il sistema.

Ecco il motivo per cui esistono i soldati. Per far capitale.

(che scoperta, direte voi... ma è proprio questo il punto... tutti lo sanno e tutti lo tollerano)...


li chiamano eroi, ma io vedo solo degli assassini.

Decerebrati mentecatti figli di puttana. Caricature di ultras dotati di armamenti.

I civili morti sono un sacrificio calcolato, chissene frega! ...ciò che conta è assicurarsi che le mani occulte non debbano rinunciare a qualche triglione di dollari. ...e ovviamente che ognuno possa continuare la sua vita con un cellulare nuovo all'anno.


Un sentito grazie a ogni bastardo ritardato che si identifica in una fazione, come se davvero contasse qualcosa!

...come se non fosse solo per un fortuito caso che sei nato in uno stato invece che in un altro...

Sciovinisti del cazzo.

Non sono io ad essere anarchico o ateo.

Siete voi che vi illudete di appartenere a qualcosa.

Riducete l'esistenza di ogni creatura al servizio di un fantasma.

Soggiogati da falsi ideali spogliate l'uomo di ogni valore.

La nomea passa da killer a EROE quando l'omicida viene legittimato ad agire da un governo.

Guardate i primi 50 secondi di questo video... ecco un soldato legittimato ad agire:



...Grazie a lui non potrò nemmeno ascoltare più i bloodhound gang senza pensare alla sua faccia di cazzo.


Invadono una nazione, polverizzando ogni cosa... bruciando tutto col napalm.

ASSASSINANDO MIGLIAIA DI CIVILI...e li applaudiamo.

Poi nella più bieca ipocrisia e nel trionfo del paradosso inorridiamo quando il gatto inizia a giocare con i topi solo per divertimento.

Sopprimete quei 5 psicopatici dell'articolo che ho letto senza perder tempo a pensare.

Pensate a come mai si trovavano li... pensate a chi ce li ha mandati...

e pensate che fine dovremmo fare tutti.


ps: sono felicissimo di aver offeso chiunque si sentirà offeso.

lunedì 6 settembre 2010

RVIVR + OFFSHORE RADIO + guest @ Ligera, Milano 29/9/10



RVIVR
http://rvivr.wordpress.com/
http://www.myspace.com/rvivr
usa punk rock ex Latterman, Shorebirds
You can download their full album HERE


OFFSHORE RADIO
http://offshoreradio.virb.com/
uk punk rock between Clash and Leatherface

SORRY WE ARE SILLY

Milano melodic punk rock


Ingresso: 5 euro
inizio ore 22.00
@ Ligera Cafè
via Padova 133 Milano

Spourk boocchin!

sabato 17 luglio 2010

Dude, pass the porro! ovvero la musica dei fattoni globali


Non che ci volesse la testa di Cavour (come direbbe mia mamma) per arrivarci. Ma ieri ho avuto la folgorazione: leggo un'intervista a Eugene Hütz dei Gogol Bordello su un Venerdì di Repubblica vecchio di un mesetto - che ci vuoi fare, mi tocca leggere i giornali in differita. Poi di sera vado allo JUZ (che dovreste ormai conoscere bene) a vedere i Budzillus - oriental swing punk aus Berlin.
(http://www.myspace.com/budzillus)
E capisco tutto.
Col cazzo che il futuro della musica per radicalchic è l'elettropop anni '80. Quello, semmai, è il canto del cigno di una generazione di provinciali che ha scoperto la città da due giorni e pensa di aver capito tutto della vita.
Col cazzo che nerd is the new sexy. Per quanto uno che assomiglia a Clark Kent con la barba riesca oggi a ottenere più facilmente un blowjob da parte di una ventenne ubriaca nel cesso di una discoteca rispetto a 5 anni fa, a breve verrà rispedito da dov'è venuto: divertiti adesso campione, i tempi dei tornei a Halo III il giovedì sera stanno tornando.
Il futuro della scena sono i Fattoni globali!
Chi sono i fattoni globali? La ricetta è semplice: prendete i cari e vecchi fattoni che incontravate alla Festa dell'Unità quando ancora aveva un senso. Aggiungete un (bel) po' di positivismo informatico e migliore conoscenza della lingua inglese. Ricoprite il tutto con un atteggiamento cinico e disilluso da blogger incallito. Una spruzzata di terminologia aggiornata e riferimenti culturali rinnovati, et voilà, il fattone globale è pronto a entrare in campo e ad appizzarsi un ceyloom alla faccia di tutte le aberrazioni vintage della scena alternativa dello scorso decennio.
Fate due conti: ormai tutti hanno fatto almeno una vacanza da backpacker in vita loro, e quindi chiunque oggi ha la possibilità di vantare esperienze di quasi-anarchia sul curriculum. Il prezzo della tecnologia nei paesi occidentali ormai è accessibilissimo, così come la possibilità di essere connesso e sapere cosa va nel resto del mondo. Anche chi non si è mai mosso dal paesello sperduto nella Valsugana ha ormai amici su Facebook provenienti da ogni parte del globo. La Spagna ha vinto i mondiali. La Repubblica Ceca ha depenalizzato il possesso di un certo quantitativo (abbondante) di sostanze. Il prezzo delle All Star si è decuplicato negli ultimi 10 anni, mentre quello dei sandali di cuoio è rimasto stabile.
Era ovvio che andasse a finire così.
Se il folk è il nuovo punk, questo è il nuovo indie. Serve solo che qualche autorevole giornalista dia un nome a questa accozzaglia di stili e generi musicali provenienti da mezzo mondo, ed è fatta.
Quindi amici miei, io vi avviso, è meglio che iniziate a prepararvi. Tagliatevi le frange e fatevi i dreadlocks, gettate le camice a quadri e procuratevi dei maglioni di lana grossa, e soprattutto, per il vostro bene, eliminate quei maledetti pantaloni stretti che stanno malissimo all'80% della popolazione occidentale che non è sottopeso. I pantaloni larghi di lino sono più comodi, più freschi, e potete tenere in tasca molte più cose senza rischiare che queste vi penetrino nella coscia schiacciate dal tessuto tiratissimo.
Per i prossimi 10 anni siamo a posto così.

Hasta pronto!
Fede

martedì 13 luglio 2010

Lost è una cagata pazzesca

E' da un po' che ce l'ho qui sul gozzo. C'è voluto del tempo per farmi un giudizio che non fosse inquinato dalle tonnellate di miele che gli sceneggiatori hanno voluto riversare sul finale di quella che è stata la mia serie preferita fino all'ultima puntata. Ma cazzo.
Chi mi conosce sa che di solito salvo qualcosa di tutto, anche dei The Used. Tuttavia in questo caso non ho potuto evitare di fare alcune doverose riflessioni:

1. Se basi la forza di una serie sull'aspettativa verso quello che capiterà dopo, è ovvio che il finale sia importante. Scrubs è costruito su puntate autoconclusive, e molte di queste sono belle a prescindere da come sarà la fine. Lost ti spinge a volerne ancora perché vuoi sapere cosa succederà. E cosa succederà? Niente che non sia stato già raccontato diecimila volte in diecimila salse diverse.

2. La mente dell'uomo moderno si sta abituando sempre di più a gestire la complessità e allo stesso tempo ad apprezzare la semplicità quando questa funziona meglio nel raggiungere lo stesso scopo. Quando la complessità viene usata per adescare la mente umana, lasciando intendere che raggiungerà uno scopo sconvolgente, e poi abbandona il campo in favore di un nuovo scopo creato ad hoc per poter essere raggiunto con mezzi semplici, la mente umana ha il diritto di dubitare delle effettive capacità della complessità di raggiungere un qualunque tipo di scopo. Questo incita alla pigrizia.

3. Il tema "l'eterna lotta tra il bene e il male", nel 2010, ha rotto il cazzo. Soprattutto quando le premesse portano per 5 serie in un'altra direzione. Inoltre questo tipo di mentalità dicotomica conduce al radicalismo ideologico e all'odio razziale.

4. Utilizzare spezzoni delle serie precedenti per commuovere gli spettatori distraendoli dalle inconsistenze delle risposte fornite nell'ultima puntata è dilettantesco.

5. Il modo in cui hanno sbolognato alcuni personaggi che dalle premesse dovevano essere importantissimi, facendoli finire a fare cose inutili e senza motivo, ricorda molto ciò che hanno fatto nel film di Street Fighter (aka uno dei film più brutti mai fatti) con il "dottor Dhalsim".

Concludento (dato che mi dicono che scrivo post troppo lunghi), JJ Abrams è uno stronzo.

Peace,
Fede

Ti stimo tantissimo...

Era da mesi che li aspettavo, la curiosità di sentirli dal vivo mi stava attangliando la mente da quando ho preso il ciddì del "Red Album"...e le solite domande in testa: Chissà come suonano, chissà se il cantante tiene con la voce, chissà come sono con il pubblico, ecc. ecc. L'occasione mi si pone quando il maestro Mazza arrivò in sala con la notizia: 12 Luglio, Baroness al Magnolia.
Organizzata per tempo la spedizione con Spurk, Mazza, Trulla ed il Bighe lunedì sera si parte con la curiosità di sentire questo gruppo, acclamato dalle riviste di settore come "la rivelazione nel panorama rock alternativo" il cui 2°cd (di cui ne ho parlato nel mio primo post: "Angolo carne cruda") è stato definito dagli addetti sel settore come il miglior album del 2009. Arrivati al Magnolia subito si sono fatte sentire le zanzare, ormai ospiti fissi all'interno del parco dell'Idroscalo, ma il nostro caro Spurk, con il suo immancabile zaino ci ha allietato la situazione offrendo un po'di Off a tutti. Ecco che salgono sul palchetto gli Shinin'Shade: quartetto di Parma che allieta la folla con il suo rock molto '70. Ad un certo punto, mentre tutta la compagnia era ipnotizzata dalle note psichedeliche del gruppo, faccio notare al Bighe la presenza a bordo palco del cantante dei Baroness, intento a fotografare i musicisti. Ecco che il Daniele chiama a raccolta tutti e si butta all'inseguimento del leader della band con l'intenzione di fare una foto insieme. Troviamo John dietro il palco, intento a fotografare il batterista; ed ecco che il Bighe si avvicina e, tirandogli la maglietta come un bambino farebbe al suo papà, fa notare al cantante la nostra presenza e le nostre intenzioni. Lui, stupito si presenta con un gutturale: "Nice to meet you, guys" e si lascia volentieri fotografare...


Finito con gli Shinin'Shade la gente inizia a prendere posto ed il piazzale antistante al palco inizia a riempirsi, la gente non è tanta ma vagando sono tutti ansiosi di ascoltare la band americana. Do una sbirciata al banchetto del merchandise: oltre alle magliette e ai cd rimango colpito dalla presenza dei vinili ma soprattutto dalla presenza delle stampe che il cantante disegna con tanto di firma e numero di serie. Ma è arrivato il momento della band di punta...ed ecco che salgono sul palco i membri della band, e dopo un veloce line check John e Pete iniziano ad arpeggiare le note di Bullhead's Psalm e, giunti al culmine, allacciano subito la seconda traccia del Blue Record: The Sweetest Curse. qui non ci sono cazzi, il pubblico inizia a cantare ed a incitare la band, loro ne rimangono stupiti e incitano a loro volta la folla...Ma l'apice si è toccato quando hanno accennato le prime note di Isaak, un boato ha percorso il pubblico, e alla prima parola in molti ci hanno lasciato la voce (me compreso) ma ciononostante è stata cantata dall'inizio alla fine. Suoni paurosi, precisione estrema, pulizia nell'esecuzione ma soprattutto l'energia e la passione che questo gruppo ha trasmesso durante il live hanno colpito non solo me ma tutti quanti e, dopo un'ora e mezzo di concreto in cui la band ha eseguito quasi tutte le canzoni dei 2 album (memorabile l'esecuzione del brano A Horse Called Golgotha, dove la band ha fatto cantare il ritornello al pubblico) hanno lasciato il palco. E qui è successo qualcosa che mi ha colpito profondamente: dopo che il gruppo ha lasciato il palco la folla ha iniziato a chiedere il bis; io che mi trovavo di fianco al palco ho visto la faccia del cantante chiedersi che cosa volesse dire quello che in quel momento il pubblico dicesse, ecco che arriva uno dello staff del magnolia che gli spiega il significato: la faccia del cantante si illumina e dalle sue labbra asce un "Oh My God" di stupore misto a gioia, prende gli altri della band e li porta sul palco e prende possesso del microfono e inizia a parlare; per quel poco che ne capisco io di inglese il suo discorso mi ha colpito e mi ha fatto capire la passione viscerale che questa band mette nel portare in giro la propria musica. Non è stato un discorso da leccaculo del tipo: "vi amiamo, siete il miglior pubblico, ora dopo che vi ho leccato un po'il deretano vi faccio 2 pezzi almeno siete contenti" ma innanzi tutto ha esordito con un "I Can't believe" poi ha dichiarato che non si aspettava un'energia così intensa dal pubblico, non si aspettava che conoscessero le canzoni, non si aspettava che in Italia ci fosse così tanta gente che amasse e supportasse la loro musica e non si aspettava il calore con il quale il pubblico li ha accolti...ha ammesso anche che se l'avessero saputo prima in Italia ci sarebbero passati più spesso...ha esortato tutti i presenti nel credere nella musica e nel supportare chi fa della buona musica e ha ringraziato tutti, dallo staff al pubblico per quello che hanno fatto per permettergli di suonare qui e ha promesso di passare più spesso in Italia...Beh, io che sto scrivendo questo post non posso farvi capire la sincerità con cui John ha detto queste frasi, ma tutto questo discorso ha colpito il pubblico che si è stretto attorno al palco cercando di stringere le mani della band...che per ringraziare ha suonato tutto l'ep A Grey Sigh in a Flower Husk, primo ep che compone la sequenza dei colori/titoli degli album della band. Alla fine, non contenti, hanno suonato il primissimo pezzo composto con il nome Baroness. Qui concludono il concerto con John e il bassista Summer che si lanciano sul pubblico. Appena tornano dietro le quinte il Bighe si lancia sul cantante per fargli i complimenti e per fare ancora qualche foto insieme..loro tranquillamente si lasciano fotografare e parlano con la gente lì attorno, vengono offerte birre e sigarette, per niente presi dal loro stato di "band di successo" vanno in giro per il Magnolia a stringere mani, a chiedere pareri sul concerto, a scambiare 4 chiacchere con la gente. Questa disposizione per i fan mi fa capire ancor di più quanta passione c'è, in questo gruppo, per la musica e per la gente che l'ascolta. Lasciamo il Magnolia con la soddisfazione di aver visto un bel concerto con un gruppo che fa della passione per la musica la sua arma migliore...e questo è tutto...
Da Pablo & John!!!!

P.S. : vi lascio con 2 video della serata..



mercoledì 30 giugno 2010

Wax Phantom

Long Island colpisce ancora.
Lasciamo a loro le presentazioni:
Wax Phantom is a 4-piece pop-punk rock band from Long Island, NY. members of: Small Arms Dealer, Iron Chic, Jonesin' & also includes Beaker's member.

Insomma il punk rock come piace a noi di M.I.
Il loro EP è in free download qui

Check it out!



Spourk

Tour Europeo The Get Up Kids

Ancora in Europa i TGUK, gruppo molto amato dallo staff di Momenti Ibridi, ritorneranno dopo meno di un anno in Italia a portare tanti limoni per tutti. Ecco le tappe.. (occhio, ben 3 in italì)

Kate Nash live per ustream.tv

La cantautrice inglese ha appena fatto uscire il suo nuovo album, My Best Friend Is You, il seguito di Made Of Bricks del 2007.
Qui potete gustarvi un ottima esecuzione di alcuni dei pezzi contenuti nel disco. Un live in studio per unstream.tv


Nuovo pezzo online per i La Dispute


La formazione post hardcore michiganese ha appena postato un nuovo pezzo tratto dallo split 7" con gli amici Touchè Amorè.
I riferimenti della band si rifanno palesemente a bands come Hot Cross, Drive like Jehu e i cari amati At the Drive-in.
Ascoltatevi il pezzo su http://www.myspace.com/ladispute
Oppure accattatevi il 7" dal sito della NO SLEEP

domenica 18 aprile 2010

ENJOY PUNK ROCK


IL PUNK ROCK NON è MAI STATO COSI FACILE E DIVERTENTE

giovedì 15 aprile 2010

La Dispute in europa



Primo ( penso ) tour europeo per i michiganesi post-hardcorer.
Gli stronzi non passano da queste parti, almeno per ora.
Non è detto che non si aggiungano altre date.. noi ci speriamo e mandiamo il Mazzometro in missione, magari ce li fa suonare al circolone di Legnano o alla festa della birra di Parabiago.

Ecco le date:
Jun 5, 2010 – Bordeaux, AQU (FR) @ L’Heretic Club
Jun 9, 2010 – Lille, (FR) @ Le Select
Jun 11, 2010 – Cologne, (DE) @ Club Scheisse
Jun 12, 2010 – Lichtenstein, (DE) @ JZ-Riot
Jun 13, 2010 – Berlin, (DE) @ Cassiopeia
Jun 14, 2010 – Hamburg, (DE) @ Rote Flora
Jun 15, 2010 – Copenhagen, (DK) @ Lades Kaelder
Jun 18, 2010 – Recklinghausen, (DE) @ AKZ Recklinghausen
Jun 22, 2010 – Canterbury, (UK) @ The Chantry Social Club
Jun 23, 2010 – Paris, IDF (FR) @ Batofar

Mantenetevi aggiornati sul loro myspace o sul loro blog

Se dovessero passare da queste parti, ve lo diremo sicuramente!(se mi voti invece, ti avviso via mail personalmente)

Spurk

mercoledì 14 aprile 2010

The Flatliners - Cavalcade

E' uscito il nuovo album dei Flatliners, sotto fatwreck.
Ascoltatelo assieme a me.. una bomba!


Se volete scaricarlo Cliccate qui, ma andate a sentirli il 19 maggio al Magnolia a Milano e compratevi il cd!

ps. ricordatevi di votarmi.. sto andando alla grande nella classifica del piu secsi!

Spurk

martedì 13 aprile 2010

Your Vote Counts!

Vota il Momenti Ibrider piu sexy, nella scheda qui sulla destra.
Ci abbiamo anche la foto!



E non fate gli anarchici comunisti astenuti.


lo Staff

domenica 4 aprile 2010

Mondanità


Ok, sono pessimo: di recente ho visto un po' di concerti interessanti e non ve ne ho parlato. Ma l'altro giorno ho visto un numero impressionante di giovani up the punx all'ennesimo concerto di un gruppo sconosciuto da noi, e questa cosa mi ha riripristinato la vena creativa. O almeno parte di essa.
Comunque sia, i migliori musicisti del mondo amano fare tour continuamente nelle terre germaniche, ma nessuno passa per quella cittadina chiamata Mannheim, che riesce a conciliare perfettamente una popolazione locale abbastanza working class con una popolazione stagionale di studenti di business, offrendo luoghi e strutture finalizzati ad appagare i bisogni di intrattenimento di entrambe le categorie, ovvero nulla a che fare con un minimo di musica decente. Gli immigrati italiani di seconda generazione ascoltano ciò che lo stereotipo degli immigrati italiani suggerisce: per dire, Gigi D'alessio ci ha riempito un posticino mica piccolo, qualche mese fa. Gli studenti di business ascoltano ciò che lo stereotipo degli studenti di business suggerisce: electro più o meno commerciale. Ah, e poi c'è una sorta di università della musica chiamata Popakademie. Naturalmente il fatto di chiamarsi Popakademie indica una precisa linea politica, e infatti tutti quelli che conosco che bazzicano da quelle parti hanno almeno un poster degli Strokes in casa. Ah bé, naturalmente quell'indie lì va un casino in tutti i locali un po' alternativi della città. Ma non mi lamento: in Italia vanno ancora gli Spa-P e Last Resort dei Papa Roach.
E poi c'è un centro sociale. Sorvolando il fatto che come in ogni centro sociale che si rispetti i frequentatori abituali tendono a conoscersi tutti e a guardare gli outgroup come in Alabama guarderebbero un afroamericano che entra in una sala da biliardo vestito da donna, c'è da dire che ogni tanto qualche concertino fico ci scappa. Inoltre, ho tovato un altro locale carino per concerti, che somiglia fortemente a un saloon dei film western ed è frequentato da persone che ti aspetteresti di trovare in un saloon dei film western, e che si chiama Der Bock.
In queste due venues ho visto suonare le band di cui vi parlerò.

18/01/2010 - Child Abuse + Hostile HodgePodge @ Der Bock


Arrivai un po' in ritardo, quell'ormai lontana sera del 18 gennaio (mi pare che fosse un lunedì) e gli Hostile HodgePodge stavano già suonando. Data la lontanaza dell'evento nella mia memoria, e la relativa brevità dell'esibizione, ricordo ben poco. Ma quello che ricordo è nitido: il bassista con la bandana stile Suicidal Tendencies; punk greve e poco pretenzioso, con chiare venature moshcore americano vecchia scuola. Niente che faccia gridare al miracolo dunque, tranne il fatto che i membri del gruppo non sono certo di primo pelo ma paiono suonare con l'entusiasmo (e la tecnica, aggiungerei) di un gruppo di teenager impaziente di mostrare i muscoli ai coetanei. Senonché i teenager di oggi paiono tutti usciti dal conservatorio, suonano generi estremi e lo fanno con quel cinismo da viveur tipico di chi le ha già viste tutte - ok non tutti i teenager di oggi, ma adoro fare la parte del vecchio cinico viveur. In ogni caso, se amate le cose really really old school potreste apprezzarli. La bandana del bassista è lì per indicarvi la via.
http://www.myspace.com/hostilehodgepodge
Tutt'altra storia i Child Abuse, da New York. Annunciati da un nome abbastanza sopra le righe, nessuno si aspettava che suonassero country-pop. Però dopo averli visti ho avuto come l'impressione che un nome più azzeccato non se lo potevano scegliere. In una parola: traumatici. Immaginatevi questi tre giovanotti di mezza età un po' sfigati che iniziano a montare la strumentazione, batteria, basso con duemila pedali, tastiera. Testata Orange. Collegata alla tastiera però, perché i Child Abuse non hanno un chitarrista. Strano? Ascoltateli e non ne sentirete la mancanza. Il suono del synth è la cosa più distorta che possa esistere, il basso è spesso talmente effettato da riempire tutto il sottofondo con una scarica vibrante di frequenze. Aggiungeteci un drumming matematico assolutamente storto e una voce (del tastierista) che alterna urla e growl ad alcune tenebrose spoken part, e avrete un'idea d'insieme: mathcore, che di solito uno associa ai Dillinger Escape Plan o ai Botch, viene qui ottenuto da una fusione di suoni elettronici assolutamente insana. Precisione millimetrica negli stacchi, continui cambi di direzione e tempi dispari a sfregio, loop progressivi e melodia praticamente assente. Il tutto a un volume abbastanza alto, in un pub che sta al piano terra di un palazzo di appartamenti praticamente in centro. E infatti lo stupro sonico dura poco: dopo neanche mezzora un tizio che assumo sia il proprietario del locale annuncia che il concerto è finito perché fuori c'è la Polizei che reclama un po' di pace per i già abbastanza traumatizzati cittadini germanici. Personalmente non è che ci sia rimasto più di tanto male: a mio avviso il genere dopo un po' rompe le palle, e mezzora mi pare una più che onesta esibizione (che a quanto pare non tutti garantiscono al giorno d'oggi, vedi sotto). In ogni caso, sempre felice di esplorare i labirinti della mente umana. Consigliati se vi piacciono i gruppi citati, con la consapevolezza che piuttosto che le tecnicate alla Dillinger qui si gioca tutto sui suoni e sulle reiterazioni da catena di montaggio. Una canzone ogni tanto ci sta alla grande, ma un album intero non credo che lo reggerei.
http://www.myspace.com/childabuse

24/01/2010 - Jaakko & Jay @ Juz


Jaakko & Jay sono due simpatici ragazzi finlandesi che vestono fieramente come vagabondi senzatetto e suonano un punk del più sincero e melodico in circolazione, il tutto con l'ausilo di una chitarra acustica e una batteria composta sostanzialmente da rullante e charleston. E impianto voci, ovviamente. Lo dico perché ci sono band che vantano una strumentazione da fantastilioni di dollari (quindi un mac) mentre loro con questi tre strumenti in croce sono capaci di comunicare un'energia che era praticamente dai tempi del primo disco dei Loved Ones che non ritrovavo. Se vi piace Frank Turner e in generale questa ondata di acoustic punk che negli ultimi tempi sta spopolando, non dovete assolutamente perderveli. Anche se purtroppo non avrete un'idea del vero valore di Jaakko & Jay, perché se su disco (uscito nel 2009 per Fullstream Records, interessante etichetta indipendente finlandese) vanno spediti come dei razzi, dal vivo ci aggiungono uno spettacolo stradivertente. Infatti oltre a essere due gran cazzeggiatori sul palco nella migliore tradizione Nofxiana, hanno un valore aggiunto in energia notevole: il batterista non ha la cassa ma pesta il piede sul palco. E per motivi a me ignoti si sente tantissimo. Il chitarrista rompe una corda ogni tanto e se la cambia con calma mentre sparano cazzate su argomenti che spaziano dal prendersi per il culo a vicenda al prendere per il culo l'audience, che nonostante l'indiscussa freddezza germanica pare divertirsi alla grande. Cantano praticamente tutti e due, e si fanno i cori a vicenda. Il chitarrista si butta in mezzo al pubblico, di tanto in tanto. Se questa moda dell'acustico a manetta ci porta anche gruppi come questo, allora ben venga. Anche la moda del pop-screamo ci ha portato il penultimo disco degli Underoath dopotutto. Procurateveli. Non suoneranno in Italia tanto presto temo, ma in caso andate a vederli. Consiglio di momentiibridi - e a momentiibridi, dato che li consco solo io ;)
http://www.myspace.com/jaakkonjay

06/02/2010 - Nothington + The Driftwood Fairytales + Colin Moore @ Juz


I Nothington sono forse l'unico gruppo qui presente conosciuto da chi leggerà questo post (ovvero solo coloro che scrivono su momentiibridi). Per cui potrei anche non perdere tempo nel cercare di raccontarvi la loro musica: più o meno siamo tra le fila del punk rock melodico che esalta la Punknews.org generation di kids che hanno bisogno di una melodia e di una voce rauca per sentirsi soddisfatti. In realtà questi californiani di San Francisco l'anno scorso hanno fatto un dischetto mica male, uscito su BYO Records, e scoprire che avrebbero suonato praticamente dietro casa mia mi riempì di gioia. Tuttavia, come ho detto poche righe orsono, non ho voglia di annoiarvi con informazioni che già conoscete. Per cui inizierò a parlarvi dei gruppi di supporto. Di Colin Moore ho da dirvi ben poco, dato che mentre suonava ero fuori a fumare. C'è da dire che da lì la musica non era male, classico acousic folk cantautoriale per aride serate estive sul portico di casa. Peccato che fosse il sei di febbraio, ci fosse la nebbia e il panorama consistesse in una zona industriale più o meno dismessa. Ma tant'è. Se amate il genere, amerete Colin Moore.
http://www.myspace.com/colinsacoustic
In compenso ho visto i Driftwood Fairytales, gruppo berlinese che ostenta una certa comunanza con la scena Punknews-eana di cui sopra. Sul sito del locale erano annunciati come i Gaslight Anthem tedeschi. La sparata era un po' alta, of course. Mettiamola su questi termini: non sono male, hanno un cospicuo numero di singalong, le melodie sono carine, non cagano fuori dalla tazza, si tengono sul midtempo, non sono troppo distorti, la voce del cantante non è né troppo pulita né troppo graffiante. Forse il problema sta proprio qui: non mi hanno lasciato niente, niente per cui dovrei ricordarmeli, niente che potrebbe farmi scegliere loro in mezzo ad altre decine di band che suonano lo stesso genere (ormai inflazionato, più o meno come l'hc melodico qualche anno fa). Fanno bene i compiti, questo sì. E un paio di canzoni azzeccate ce le hanno (ascoltatevi Cheap Shot Solidarity Anthem sul loro space). Devono solo bere un po' di Redbull e tentare il decollo.
http://www.myspace.com/thedriftwoodfairytales
Tornando ai Nothington, le informazioni rilevanti che posso darvi al riguardo sono: il chitarrista e cantante Jay Northington, il quale ha presumibilmente offerto il suo cognome come ispirazione per il nome della band, è stato l'ultimo chitarrista degli Tsunami Bomb. La cantante degli Tsunami Bomb è sempre stata un mio sogno erotico, sin da quando li vidi dal vivo nel 2003 di supporto agli Ataris e ai Vandals - bei tempi. Il batterista dei Nothington era il batterista degli Tsunami Bomb. L'altro chitarrista dei Nothington (il secondo da destra nella foto) assomiglia incredibilmente ad Alberto, ex bassista dei PMP, forse la migliore band alternativa italiana dal 2007 al 2008. I Nothington sono venuti da San Francisco in tour in Europa per suonare poco più di 20 minuti a quello che per loro ammissione era il primo show in assoluto della band in Germania. Un mio amico era convinto che avessero suonato 1 ora. Evidentemente si stava annoiando. Il pubblico non pogava. Quella sera non ho trovato la mia bicicletta in cantina e per circa un mese sono rimasto convinto che me l'avessero fregata, e invece qualche mio vicino stronzo l'aveva imboscata in una stanza di cui ignoravo l'esistenza. Quella sera ho beccato un due di picche perché non parlo tedesco. Da quella sera il mio karma ha iniziato a essere negativo.
http://www.myspace.com/nothington

15/02/2010 - JOOKABOX @ Der Bock


I JOOKABOX sono un gruppo composto due indie jesus ciccioni, un ragazzino imberbe e una tastierista che, nonostante sia chiaramente troppo magra, è stata giudicata hot dalla maggioranza della cumpa. E che faceva sorrisini ammiccanti alla maggioramza della cumpa. Sono tutti e quattro delle specie di hipsters degni di passeggiare per le vie di Williamsburg, a Brooklyn. Suonano quella specie di folk-weird che però non rompe come i Fleet Foxes e un ascolto se lo merita anche. Vengono dall'Indiana (in questo periodo sto incrociando un casino di gente del Midwest. E' un segno che i tempi del coas-to-coast stanno arrivando) ma in effetti più che bifolchi incalliti sembrano degli snob metropolitani. Non ero particolarmente entusiasta di andare a vederli, ma tenendo conto che la situazione concerti qui è quella che è, mi devo accontentare di ciò che capita. E poi il bassista ciccione che balla è comunque un'emozione. Gli abituali frequentatori del locale, non-più-giovani tedeschi vestiti da cowboy, hanno apprezzato alla grande.
http://www.myspace.com/jookabox

26/03/2010 - Elen Kaiser@ 7 Für Haiti, Jungbushhalle Plus X


Venerdì sera. Dopo una settimana di clima assolutamete primaverile, nel pomeriggio le nubi si addensano all'orizzonte. La temperatura si abbassa, si alza il vento, piove. La mia bicicletta ha la ruota davanti storta perché mentre se ne stava tranquilla e pacifica parcheggiata nella rastrelliera davanti all'università, quella di fianco (una bici da donna pesantissima e pure brutta) le è caduta contro. Pedalo sotto l'acqua fino a Jungbush, quartiere a maggioranza italiana molto pittoresco, ed è come se tirassi il freno a ogni giro della ruota. Tutto questo per vedermi un po' di band tedesche squisitamente emergenti e allo stesso tempo per una onesta causa: 7 Für Haiti è un evento organizzato tra gli altri da alcuni amici miei e gente del partito socialdemocratico (Spd per la cronaca, il principale partito di centro-sinistra tedesco, ciò che vorrebbe essere il Pd in Italia), e propone una ricetta semplice: 7 ore, 7 band, 7 euro l'ingresso, devoluti in buona parte in beneficenza, appunto, per Haiti. Arrivo per le 22.30 e mi sono già perso qualche band. La location è tipo una palestra (ah, quanti concerti in posti così che ho visto in vita mia), e ci becco nell'ordine: un gruppo ska assolutamente monotono, un duo hip hop di cui non capisco i testi, una cantante r'n'b che sembra uscita da Harlem ma probabilmente non è mai uscita dall'Europa. Strano, non credete? Niente gruppi di cover rock, metal o punk becero. La qualità del suono è quello che è, ma apprezo la proposta musicale piuttosto varia. Verso l'1, una tipa vestita da robbosissima che ha ballato tutta sera sale sul palco e si mette davanti al microfono, mentre un tizio monta la batteria e un altro mette su una megaconsolle con tastiere e controller vari di cui ignoro la funzione. Vengo così a conoscenza di Elen Kaiser, non una band ma una cantante, accompagnata da due musicisti costantemente impegnati a rendere l'atmosfera che sta intorno alla sua voce il più intrigante possibile. E finalmente mi sento soddisfatto di essermi preso l'acqua per una serata di band emergenti. Forse è uno stereotipo, ma il suono che questo trio di musicisti riesce a costruire è proprio quello che mi aspettavo di sentire a un concerto in una città tedesca durante una notte piovosa: in pratica ci muoviamo sui terreni di una certa indie-tronica che a tratti ricorda i Lali Puna o altri raffinati esempi berlinesi made in Morr Music, a tratti rientra in una struttura più smaccatamente pop, con il synth che si intreccia alle melodie della voce in un modo non dissimile a quello che ho sentito sull'ultimo disco di Bat For Lashes, e a tratti si lancia in lunghe suite elettroniche ai limiti del trance. La voce di Elen, che canta in tedesco, riesce a essere soffusa e potente a seconda di ciò che la base necessita, e si mantiene in ogni caso trascinate e anche sensuale - come del resto è la sua presenza e il suo modo di muoversi sul palco. Non so che ne sarà di questo strano trio, magari qualcuno si accorgerà di loro oppure resteranno relegati ai concerti nelle palestre di Jungbush; sta di fatto che venerdì scorso mi hanno rapito per tutta la mezzora abbondante della loro esibizione, dopo che le band emergenti mi avevano un po' rotto le palle. Spero che qualcuno dia loro un'opportunità, sarebbe bello vederli crescere. Se lo meritano.
http://www.myspace.com/elenkaiserzeit

27/03/2010 - Rejected Youth + Modern Pets + Super Geheimband @ Juz


Chiudiamo questo post in modo circolare, finendo con quell'accenno al pubblico di giovani punx che mi ha ridato l'ispirazione a scrivere (con la lentezza necessaria, of course, ma almeno costante). La foto qui sopra potrebbe essere presa dal primo disco dei Good Charlotte, lo so, ma non fatevi ingannare dalle apparenze: questa gente sa il fatto suo. Ve lo dico io, che guardo con una certa diffidenza ogni volta che una determinata scena si esprime in modo troppo appariscente: spesso, infatti, ciò che ne risente sono i contenuti. O peggio ancora, spesso l'appariscenza non è altro che un modo per nascondere l'assenza di contenuti dietro a uno strato di oggetti. Perché di questo si tratta: gli abiti, le capigliature, le spille e i piercing sono oggetti di consumo, prodotti dal mercato per determinate fasce di pubblico, esattamente come le polo Lacoste e i pantaloni larghi. Ma non voglio iniziare qui un discorso sulle subculture giovanili trito e ritrito. Voglio parlarvi della mia serata di sabato scorso.
Vi ho già parlato dello Juz, del fatto che sia comodamente vicino a casa mia, del fatto che sia un centro sociale fortemente politicizzato in direzione antifascista (e grazie al cazzo, direte voi), del fatto che sia frequentato praticamente dalle stesse persone ogni sera. Bene, l'ultima cosa che mi sarei aspettato sabato, serata piovosa anche se non eccessivamente fredda, era di entrare lì dentro e ritrovarmi in una folla di creste colorate, pantaloni a quadri, catene, giubbotti in pelle con toppe di band dai nomi che sanno di passato, piercings, dreadlocks viola, anfibi. Tutti oggetti di consumo in pratica, indossati fieramente da un esercito di gente in una fascia di età che andava presumibilmente dai 16 ai 40. Perché in realtà non si trattava di pischelli o bimbiminkia: l'impressione che ho avuto al concerto dei Rejected Youth, introdotti da un mio amico come la migliore streetpunk band tedesca, era di essere finito improvvisamente in una scena di SLC Punk (in italiano Fuori di cresta, se non lo avete visto smettete di leggere qui e scaricatevelo subito). Altro che poser. Il 90% delle persone lì dentro mi dava l'idea che avrebbe potuto farmi un culo decuplo, e che la cosa probabilmente non gli sarebbe neanche dispiaciuta più di tanto.
Ma tant'è. Del primo gruppo, i Super Geheimband, ho poco da dire: cover band punk marcio, canzoni che conosci solo se sei veramente invasato dal genere, e che infatti io non conoscevo. Penso sia la classica band just for fun, e infatti il pubblico si diverte - e lo comunica nel modo che più gli si addice: pogo e cori coadiuvati dai litri di birra che già da qualche ora vengono ingurgitati in abbondanza.
Discorso diverso per quanto riguarda la seconda band, i Modern Pets. Innanzi tutto, la tecnica e gli arrangiamenti mi fanno intendere che questi quattro punkacci di Stuttgart non sono proprio alle prime armi: e infatti da una veloce conversazione scopro che nei prossimi mesi se la suoneranno parecchio in giro, anche fuori dalla Germania (ma non in Italia, controllate sullo space in caso) per promuovere il loro 7inches in uscita per un'etichetta tedesca a me ignota. Musicalmente siamo immersi nel più classico streetpunk dei Clash senza contaminazioni reggae: midtempo, voci stonate, riffettoni solidi nonostante siano costruiti sui tre accordi più ovvii del mondo, cori alcolici, testi innocentemente anarcoidi.
http://www.myspace.com/modernpets
I Rejected Youth hanno uno di quei nomi che ti fanno sentire orgoglioso di essere punk ogni volta che li pronunci. Un nome così trasuda classico da ogni sillaba, e anche a vederli appare chiaro che l'età per essere dei classici ce l'hanno. Hanno anche una vecchia hit che nel ritornello ripete "allerta antifascista" in italiano (!!) cosa che qualche anno fa avrebbe potuto spianare loro la strada nei cuori dei kids nostri connazionali (se non fosse che erano tutti impegnati ad ascoltare le Porno Riviste). Più classico di così. Inoltre il batterista, da me ribattezzato Uomo Tartaruga (è il primo da sinistra nella foto in alto) pare essere una specie di guru della scena punk teutonica, con tanto di apparizioni in tv e interviste su giornali e fanze a tutto spiano. Gente importante, quindi. E soprattutto, gente musicalmente solida: le loro canzoni, pregne di street punk americano di nuova scuola, trascinano il coro ma allo stesso tempo mantengono una grande dignità combattiva, un po' come gli Anti-Flag dei tempi d'oro, solo più lenti e incalzanti, senza eccessi di forma. Canzoni tutte di un pezzo piene di chitarre, stacchi di batteria ridotti all'osso, voce da tabagista e gang-vocals che richiamano tutto il pubblico ogni volta, come ci si aspetta da ogni vero classico. Suonano poco meno di un'ora, compreso encore chiamato a furor di popolo, e nonostante non è che sia proprio il fan numero uno del genere non mi annoio. Non avranno avuto su di me quell'effetto euforizzante che paiono avere sui punkacci (ma credo che c'entri anche il fattore Classico), ma comunque una ricerchina su Soulseek l'ho fatta, e consiglio di farla anche a voi, se il genere vi piace anche solo un minimo. Questa è alta scuola. Ho visto la più grande streetpunk band tedesca e sono sopravvissuto. Lunga vita allo streetpunk.
http://www.myspace.com/rejected.youth

best,
fede

lunedì 8 marzo 2010

Small Arms Dealer - A Single Unifying Theory

Questo disco del 2006 degli Small Arms Dealer lascia il segno. Una manciata di punk rock newyorkese e tante emozioni da parte di questi ragazzi from Long Island, NY. Ora non esistono più, ma parte di loro si sono fusi assieme ai Latterman per dar vita agli Iron Chic.

Myspace
Quineparlanoinmodopiuapprofondito














S.

venerdì 5 marzo 2010

Mutoid Men - Mutoid World

Who!
Bella. Lo stavo cercando da un po su internet l'ho trovato oggi, devo ammettere che però era in free streaming su punknews.org.
Bhe loro sono il nuovo progetto di Matt Canino, l'ex Latterman, assieme a Chris Bauermeister, il bassista dei Jawbreaker. Il resto della band mi è ignoto, ma chissenefrega anche.
La coppia Canino/Bauermeister esordì qualche anno fa con gli Shorebirds, fecero un LP e poi si sciolsero. Bha.. Fatto stà che sti Mutoid Men spaccano, fanno un punk rock mid temp misto a garage con qualche sinth ogni tanto quà e là.
Se ve lo volete accattà andate sul sito dell' etichetta di Matt, la Rumbletowne Records.
Se invece non avete voglia, andate su BLABLABLABLA.

lunedì 1 marzo 2010

Il Belgio è Bello

Minchia è un po che qualcuno non scrive qualcosa quassù..
Bhe io vi consiglio un festival con 2 palle cosi:











Location: Meerouth (BE)
When: 23,24 april
Who: Qualcuno di momenti ibridi, il mazzometro e...
































info: http://www.groezrock.be/

venerdì 8 gennaio 2010

Angolo Carne Cruda....

Eccomi qua, come primo post della mia avventura di Momenti Ibridi vorrei postare i miei migliori album del 2009. Premetto che è una classifica totalmente personale, ed essendo io amante delle schitarrate di violenza sarò bannato dai miei compagni di post e sarò insultato dalla maggior parte dei visitatori del blog ma non fa niente!! Ah, non ho dato dei voti o delle posizioni perché non ho un album preferito o meno...andiamo ad elencare:




ANIMALS AS LEADERS
"Animals as Leaders"
Etichetta: Prosthetic Records

Ultimo entrato nella mia cdteca e ringrazio Santa per la piacevole illuminazione su questo progetto solista di Tosin Abasi (ex Reflux), chitarrista virtuoso ma con tanto gusto. Trattasi di un cd strumentale interamente arrangiato da Tosin, composto da 12 brani strumentali, ma non per questo si tratta di un cd per aspiranti shredder. Lo stile musicale rimanda ad atmosfere degne di un cd dei Meshuggah (Infatti per la batteria viene usato The Metal Foundry SDX, un pacchetto di synth di batteria per Superior Drummer 2.0 In cui vi è una serie di samples registrati da Thomas Haake, batterista dei Meshuggah) merito anche del suono della chitarra a 8 corde che qui viene utilizzata con grande maestria da Tosin. Infatti la chitarra non viene solamente utilizzata per creare un tappeto sonoro ma viene impiegata per parti solistiche veramente interessanti; difatti la differenza la fa la versatilità di Tosin, capace di alternare parti veramente cattive ad aperture melodiche inaspettate e non usuali. Appunto per questo il cd non è di difficile ascolto nonostante il livello tecnico delle esecuzioni rimanga molto elevato. Personalmente sono rimasto colpito dalla traccia di apertura del cd (Tempting Time) ma sorpreso all'ascolto della traccia N°4 (On Impulse): una ballad melodica ma non banale. In fin dei conti un bel cd per chi si diletta con virtuosismi ma anche per chi è amante dei pezzi mosh, difficilmente non vi verrà voglia di muovere la testa (ah, rigorosamente a tempo dispari!!!).



MASTODON
"Crack the Skye"
Etichetta: Relapse Records

Per chi non li conoscesse questi quattro ragazzi di Atlanta spaccano veramente i deretani!! Il loro metal fatto da un insieme di influenze che vanno dai Neurosis fino al progressive anni 70 nel 2009 hanno sfornato un album DELLA MADONNA!!! Con all'attivo già 3 album che ne sanno, nel 2009 hanno deciso di fare il botto, e che botto!!!
Con la supervisione di Brendan O'Brien (che ha prodotto di tutto, dai Pearl Jam agli Incubus) hanno prodotto il loro, a mio modesto parere, miglior disco della carriera. Lasciata da parte la vena viulenta dei loro precedenti lavori si sono concentrati sulla parte melodica del loro genere. Troy Sanders ha abbandonato il cantato simil-growl e in quest'album si dedica al pulito supportato dal batterista Brann Dailor mentre alla voce sporca ci pensa il chitarrista/boscaiolo Brent Hinds. L'albu
m si apre con l'epica Oblivion dove l'influenza del progressiva si sente sin dall'intro e riemerge nel ritornello e nell'assolo. La seconda traccia, Divinations, si apre con il banjo che trae in inganno l'ascoltatore, lasciando subito posto alla chitarra distorta che ci porta in una spirale di violenza sonora tipica delle prime produzioni del quartetto di Atlanta. Poi nell'album si susseguono episodi che spaziano tra il trash e lo sludge metal tipico dei Neurosis e Melvins. Mai ripetitivi sin dalle copertine dei cd (che lasciano trasparire i concetti che stanno dietro ad ogni produzione: Leviathan = Acqua; Blood Mountain = Terra; Crack the Skye = Cielo) i Mastodon sanno rinnovarsi in ogni cd, aggiungendo quel tocco di originalità che ultimamente nel mondo del rock sembra mancare... In attesa del 4°elemento consiglio di andarli a vedere il 4 di febbraio, quando questi quattro spaccheranno il cielo (e non solo) di Milano.




BARONESS
"Blue Album"
Etichetta: Relapse Records

Preso a scatola chiusa (ipnotizzato dalla copertina e da un paio di pezzi sentiti sul myspace) posso dire che mai acquisto fu più azzeccato di questo, acclamato dalle riviste del settore come il più bell'album del 2009, posso dire che questo è un cd PAUROSO (nel senso buono) !!!!!!
Questi 4 ragazzi di Savannah sanno fare veramente del buon rock e ve lo fanno sentire!!!!! Con il loro genere che si ispira al metal ma strizza l'occhio allo stoner dei Queens of the Stone Age e al punk vecchio stile, questi signori non hanno tradito le aspettative di chi li ha conosciuti con il Red Album del 2007 e hanno sfornato questo LP veramente eccezionale!! Voce roca e potente, chitarre pesanti e ritmiche violente fanno si che questi quattro trasmettano la loro passione nel fare musica all'ascoltatore e lo fanno capire dal primo all'ultimo brano. Il cd è composto da 12 pezzi che alternano sfurriate di chitarra elettrica a eleganti brani acustici, e nessuno è mai banale; ascoltatevi A Horse Called Golgotha o The Sweetest Curse per ascoltare quanta energia vi è in questo gruppo, oppure Steel That Sleep the Eye per rimanere colpiti dalla versatilità dei Baroness. Un consiglio spassionato per ogni feticista dell'originale: andate a comprare i cd originali di questo gruppo, per 2 semplici ragioni: primo per supportare i nuovi gruppi (e questo merita) e secondo per godere appieno delle splendide copertine che il chitarrista/cantante disegna personalmente.




PEARL JAM
"Backspacer"
Etichetta: Monkeywrench/Universal

Beh, cosa dire...chi non conosce i Pearl Jam? Ogni essere umano pensante e con un po' di passione per la buona musica ha almeno una volta nella vita avuto come colonna sonora di un particolare momento una canzone dei Pearl Jam? chi non riconosce ad orecchio la voce di Eddie Vedder, o la chitarra di Stone Gossard o di Mike Mccready? Dai tempi di Ten che il quintetto di Seattle ci delizia con album che sono delle piccole gemme, mai un qualcosa di fuori posto o risentito, mai un'armonia banale o un brano al di sotto della media, ma non siamo qui per parlare della biografia della band...
Dopo 3 anni di attesa ecco qui l'ultima fatica della band di Seattle, un cd secco, asciutto, fatto per suonare in situazioni live e con dentro tanta energia da fare invidia ai gruppi sopracitati. Infatti questi splendidi 40enni (se non anche di più) hanno fatto un cd veramente rock, ascoltandolo sembra di ritornare indietro nel tempo, quasi ai momenti in cui fecero uscire Vs di cui questo cd sembra il successore. Un cd da poco più di mezz'ora ma con tanta intensità e diciamo anche un po' di solarità. Unica pecca forse la data di uscita: il 18 di settembre, ormai sul finire dell'estate, perche da quest'album si potevano estrarre benissimo canzoni che potevano essere delle colonne sonore per la bella stagione; già il singolo che ha anticipato l'uscita, The Fixer, riporta alla mente immagini di spiaggia, surf e California; uguale il richiamo in Amongst the Waves, ottima colonna sonora in un viaggio in auto, magari avendo come meta l'oceano...non manca poi la ballata, Just Breathe, che a detta di Eddie Vedder :"E' la cosa più vicino ad una canzone d'amore che io abbia mai scritto", c'è poi Johnny Guitar, pezzo dedicato all'amico Johnny Ramone, scomparso nel 2004, Il resto del cd si compone di tracce rock di grandissimo carattere, come d'altra parte i Pearl Jam ci hanno abituato in questi anni, ma in questo caso senza troppe sperimentazioni sonore, solo chitarra, basso, batteria, voce e poco altro in più. La produzione dell'album è stata affidata a Brendan O'Brien ormai diventato una specie di "produttore personale" dei Pearl Jam. Anche in questo caso consiglio l'acquisto del cd originale, che contiene una traccia CD-Rom con il link per poter scaricare gratuitamente 2 interi concerti della band in formato mp3 da una lunga lista di date , e vi garantisco che ascoltare un live dei Pearl jam è un'esperienza da brividi, sperando che in questo 2010 facciano una capatina anche in Italia...




LES CLAYPOOL
"Of Fungi and Foe"
Etichetta: Prawn Song


Chi non ha mai sentito parlare dei Primus? Rinfreschiamoci la memoria: Storica band dell'underground californiano attivi dal 1989, capaci di fondere il metal e il funk in uno stile eclettico e unico denominato Psychedelic Polka ed essere autori di canzoni tipo My Name is Mud o Shake Hands with Beef ed essere i precursori del Nu-Metal...Forse i più giovani li avranno sentiti nella sigla d'apertura del cartone animato South Park...ecco, vi state ricordando? Bene, qui di fianco è raffigurata la copertina del 2°cd del Bassista/mente dei Primus: Les Claypool.
Già conosciuto per le sue doti di bassista e per i suoi millanta progetti paralleli (Tra cui spicca il progetto Oysterhead Assieme al chitarrista dei Phish Trey Anastasio e a nientepopodimeno che Steward Copeland dei Police) in questo cd abbandona le atmosfere funk e si dedica alla sperimentazione. Si, in effetti questo cd si distacca molto dal primo lavoro solista di Les Claypool, qui si possono trovare atmosfere tipiche di un lavoro di Tom Waits (strumenti vari e casuali), folk, ma tutto in stile comico-demenziale tipico dei testi di Claypool.
La prima canzone, Mushroom Men, è stata scritta da Les per un videogioco in cui un meteorite cade sulla terra e dona intelligenza ai funghi...ditemi voi cosa ci si può aspettare da un uomo cosi!!! Poi in questo album aumenta la serie di strumenti strambi suonati da Les: dopo il Wamhola e il bass banjo ecco che si aggiunge il bass dobro...un basso con risuonatore resofonico...insomma, avete presente la chitarra con lo scolapasta al posto della buca? Ecco, fatela diventare un basso!!! Geniale no? O semplicemente fuori di testa? Boh...
Testi demenziali, musica stramba, suonata con strumenti incomprensibili ma fatta bene!! Una marchio di fabbrica è la voce "particolare" Les Claypool e la maestria con cui suona i vari strumenti sopracitati, poi quando si mette in coppia con Heugene Hutz, cantante/cantautore dei Gogol Bordello, la festa si scatena!!! Infatti con la loro Bite Out of Life difficilmente non muoverete la testa o il culo!!! Ed anche qui se volete saperne di più, l'11 marzo Les Claypool terrà un concerto all'Alcatraz di Milano, quindi se siete incuriositi da quest'artista consiglio vivamente la presenza a quest'evento!!!





ZU
"Carboniferous"
Etichetta: Ipecac Recordings


Sperimentazione estrema, noise, jazz-core,math-jazz; qiesti sono i generi affiancati agli Zu, band romana composta da un'originale line-up: batteria, basso e sax baritono. Qui si parla di un gruppo storico dell'underground romano, ormai attivi da più di un decennio, vantano collaborazioni con artisti di tutto il mondo: da Mike Patton ( che gli ha portati in tour mondiale e che li ha messi sotto contratto con la sua etichetta) a Geoff Farina (ex Karate, nel progetto Ardecore) , 12 cd e apprezzamenti da musicisti del calibro di John Zorn (il quale ha detto di loro: "Avete creato una musica potente ed espressiva che spazza via totalmente ciò che molti gruppi fanno in questi giorni!"). Ma veniamo all'album: 10 brani di materia oscura, viscerale, in alcuni tratti claustrofobica, che il terzetto romano manipola creando mille sfumature di nero...Album reso più interessante dalle collaborazioni di Mike Patton e Buzz Osborne (Melvins) che aggiungono pregio a questo cd.
La batteria irregolare, un uso forte del basso e del sax effettati creano delle sonorità che di primo impatto risultano potenti, ma ascoltando più attentamente si possono sentire grandi capacità tecniche da parte di ogni singolo musicista. Il cd si apre con "Ostia", brano veloce, diciamo quasi "da rave" nonostante i toni cupi...io consiglio "Chthonian", impreziosita dalla presenza alla chitarra di Buzz Osborne, "Beata Viscera" con il tappeto ritmico di chitarra e basso veramente imponente, "Soulympics" con Mike Patton alla voce. La genialità di questo terzetto però, oltre che nel cd, viene espresso meglio nei live dove il livello tecnico dei singoli musicisti viene esponenzialmente elevato...sono rimasto colpito dalla precisioni dagli stacchi, dalla potenza dei suoni, dalla precisione metrica dei musicisti. Mai uno stop sbagliato, un'imprecisione a livello di tempo o una mancanza di omogeneità durante l'esecuzione del brano...semplicemente perfetti...consiglio a chiunque di andarli a vedere, non ne resterà deluso...Per concludere, un cd più sobrio degli altri ma ciononostante un prodotto assolutamente di una qualità ineccepibile...per chi vuole prendere un treno in faccia ed essere felice (metaforicamente parlando)!!!


Enjoy e buon 2010...

Pablo

mercoledì 6 gennaio 2010

a year in the past, forever in the future

Folks, scusate l'attesa. Le feste sono state difficili per tutti, ma finamente ecco la nostra classifica dei 20 (venti!) migliori dischi del 2009. E' stato uno sbattimento immane, ma con la giusta calma si fa tutto.
PS. e se beccate la citazione del titolo del post vincete una foto del Suy nudo.

enjoy,
fede

20. Shook Ones - The Unquotable A.M.H.
Label: Paper and Plastick

Gli Shook Ones mi sono arrivati addosso nel 2009 come un ciclista accecato dal sole mentre cazzeggiavo sulla pista ciclabile. Nonostante il nome mi fosse noto non li avevo mai degnati di particolare attenzione fino a poco tempo fa, quando spinto dalla curiosità mi apprestai ad ascoltare il loro recente disco. E ne rimasi colpito. Hardcore melodico emozionale e fottutamente catchy: niente di nuovo direte voi, e ne sarete ancora più convinti quando sentirete la voce del cantante Scott Freeman, che ricorda in maniera impressionante quella dei vari Jason Shevchuk e Ari Katz, nomi influenti che tutt'ora arrizzano il pisello ad artisti ben più creativi. Però mentre lo starete pensando il vostro piedino sarà già partito, e la voglia di passare alla traccia dopo sarà già sparita come l'odore di un peto in una giornata ventosa. Niente da fare, sarà già sentito ma io lo trovo terribilmente end of the 2000s: dopo la sbornia di vino e miele che ha trasformato in questo decennio la melodia in un feticcio ormai privo di un qualsiasi valore aggiunto e la potenza del punk hardcore in una struttura preconfezionata replicabile all'infinito, The Unquotable A.M.H. è un ottimo esempio di cosa può essere la musica adolescenziale a fine decennio: citazionismo (più o meno moderato), personalità, velocità, melodia, urgenza. Senza bisogno di cagare fuori dalla tazza.

19. Manchester Orchestra - Mean Everything To Nothing
Label: Favorite Gentlemen/Canvasbac

Per apprezzare i Manchester Orchestra bisogna togliersi dalla testa questa storia secondo la quale tali giovanissimi bifolchi della Georgia sarebbero gli eredi dei Brand New. Uno, i Brand New non hanno bisogno di eredi, sono vivi e in ottima forma, e li incontreremo più avanti. Due, se vi portate a letto una ragazza spacciandovi per eredi di John Holmes, avrete un bel da fare per non deluderla. E probabilmente non ci riuscirete. Ora, una bella masturbazione mentale di gruppo sul perché codeste due band dovrebbero essere imparentate o meno sarebbe interessantissima per una serata invernale con stereo e fumo in abbondanza, ma ora vediamo di considerare il valore di Mean Everything To Nothing by itself: questo disco è il rock alternativo di fine decennio in una delle sue forme più pure e caratteristiche. Addentratevici se vi capita, magari durante un bel viaggio in macchina, e ci troverete tutto ciò che serve: post-grunge, power pop, rock radiofonico, rock progressivo, ritornelli cantabilissimi e momenti acustici più intimisti, individualismo ego-centrato, ossessione per la religione. Tutto ciò che è scaturito dalla produzione culturale di questo decennio ha lasciato un segno a modo suo nei suoni e nelle liriche di questi giovani figli dello zio Sam. Inoltre il cantante Andy Hull ha 23 anni ma sembra già un country-rocker consumato, con tanto di barba alla Gesù. Il prossimo decennio potremmo sentir parlare spesso di loro.

18. The Pains Of Being Pure At Heart - The Pains Of Being Pure At Heart
Label: Slumberland

Nel 2009 ho avuto il piacere di vedere New York. Non ricordo quando incominciai a provare la curiosità morbosa che ho sempre avuto per quella città, ma in questo strano 2009 mi sono finalmente tolto lo sfizio. E sticazzi, direte voi, mica ci devi raccontare le tue vacanze - anche perché se leggete momentiibridi vuol dire che siete amici miei, e quindi sapete già tutto. Ma niente paura, questo preludio condurrà ai TPOBPAH in modo tanto lineare quanto il vivere da soli conduce a pessime abitudini alimentari. Durante uno degli ultimi pomeriggi cittadini, mentre passeggiavo per Williamsburg, il quartiere coooool di Brooklyn dove i poser indie se la godono come bambini in un luna park, entrai in un negozio di dischi. No, non comprai il disco oggetto della recensione, non sarebbe una storia realistica trattandosi di me. Invece intascai una rivista gratuita chiamata The L Magazine. In prima pagina il titolo 8 NYC bands you need to hear - the 2009 edition. Gruppi interessanti, non c'è che dire. A Pagina 34 poi c'era la sezione "che fine hanno fatto quelli del 2008?" Bé, il nome che più mi incuriosì tra questi era The Pains Of Being Pure At Heart. Tornai a casa e scaricai allegramente. E ora eccoci qui: indie pop allegro, adatto a scaldare il cuore nonostante l'impronta decisamente shoegaze comunichi una freddezza metropolitana che ricorda le migliori serate invernali passate ascoltando i My Bloody Valentine. Canzonette, ma quando le giornate inizieranno ad allungarsi sarà un piacere gustarsi gli ultimi tramonti invernali tra le cime dei palazzi ascoltando questo disco.

17. The Dangerous Summer - Reach for the Sun
Label: Hopeless

Ok, probabilmente il fatto di includere questo disco tra i preferiti del 2009 farà abbassare la mia credibilità come critico di almeno un paio di migliaia di punti. Parliamone subito: i Dangerous Summer sono il classico gruppo rock da limone duro in spiaggia con il tramonto e le stelle e le onde e quelli che giocano a beach volley e tutto quello che ci volete mettere. Qui non c'è punk, hardcore, indie, rock alternativo. Ci sono una manciata di canzoni le cui melodie sono finalizzate a ricordare quei 3-4 mesi all'anno in cui per questioni meteorologiche l'umore migliora, il carattere si fa propositivo, il desiderio sale, e tutti ci improvvisiamo poeti mancati. Ecco, se vogliamo focalizzare la differenza tra i Dangerous Summer e altre decine di gruppi, specialmente pop-punk, specialmente americani, che ogni anno si imbarcano nell'impresa di scrivere la colonna sonora per lo spring break, dobbiamo prenderli per quello che sono: un gruppo rock, senza prefissi o suffissi, che per motivi propri ha deciso di mixare lo stile degli ultimi Starting Line (i migliori) con alcune atmosfere da summer hit a cui probabilmente sarebbero voluti arrivare i Goo Goo Dolls se solo quel belloccio del cantante avesse ricevuto un'ispirazione decente in vita sua. Pensate quello che volete su attitudine e ribellione nella musica, ma se almeno una volta nella vita avete avuto una ragazza del mare, ascoltare questo disco vi farà ripensare a lei. Anche se non vi ricordate più neanche com'era fatta. Musica epica per bianchi medio-borghesi.

16. The Bomb - Speed Is Everything
Label: No Idea

Questo disco è così soddisfacente che quando è finito, invece di ascoltare qualcos'altro, ti viene voglia di ascoltarlo da capo. E non è che sia così normale, oggigiorno. Di solito capita per gli album geniali o per quelli molto vari. In questo caso siamo di fronte a un album così vario da diventare geniale. Per dire, questi qui ti piazzano una di fianco all'altra una canzone punk greve e cazzona alla SNFU (Haver) e una ballatona mid-tempo indie rock con tanto di delay e coretti ruffiani che non sfigurerebbe sulla playlist di una serata MTV Brand New. E subito dopo un'altra song veloce e abrasiva come Integrity. E così via. Dovete ascoltarlo tutto questo disco, per capire che cacchio di genere fanno i The Bomb. E comunque non lo capirete. Canzoni punk melodiche e accattivanti, canzoni rock alternativo ispirate e ben arrangiate. Naturalmente in tutto ciò la voglia di andare oltre ai suoni tipici del punk che caratterizza molti dischi della No Idea è perfettamente rappresentata, solo espressa in modo più frammentato; tuttavia, questo è post-punk al 100%. E come con ogni definizione data per differenza, conosciamo il punto di partenza ma non quello di arrivo. Vedremo quale sarà il prossimo passo dei quattro di Chicago, nel frattempo gustiamoci questa perla di musica di fine decennio.

15. Frank Turner - Poetry Of The Deed
Label: Epitaph

Inizialmente non volevo mettere questo nuovo disco di Frank Turner nella classifica dei migliori dell'anno, per alcuni motivi: prima di tutto, considero il precedente Love, Ire and Song (2008) decisamente migliore, e quando l'aspettativa è così alta è facile rimanere delusi. Inoltre, e questo secondo punto è riconducibile al primo, il Frank Turner "chitarra e voce" ha un qualcosa in più che il Frank Turner "con la band" lascia inevitabilmente indietro. Non fraintendetemi, gli arrangiamenti strumentali di Poetry Of The Deed sono ottimi, e comunque i momenti acustici non mancano. Però l'immagine del vecchio (sticazzi, ha solo sei mesi in più di me) rocker inglese in piedi con l'acustica al collo e la fronte imperlata di sudore mentre sforza la voce per raggiungere la nota, è l'immagine perfetta del folk-singer figlio del punk rock che caratterizzerà il prossimo decennio, almeno all'inizio. E qui scatta il motivo per cui sarebbe stato ingiusto escludere questo disco da quelli più significativi dell'anno passato: il 2009, in un modo o nell'altro, è stato l'anno di Frank Turner. Lo è stato per me, che l'ho visto per la prima volta dal vivo in apertura ai Gaslight Anthem. Lo è stato per gli orgcore kids americani, per i quali apprezzare un artista proveniente da una terra fuori dell'impero dev'essere stato tanto strano quanto comprare un'auto russa. Lo è stato per la Epitaph, che accaparrandoselo ha alzato la scarsissima media delle sue più recenti produzioni (non esente da outliers, vedi qualche posizione sotto). Lo è stato per Frank Turner himself, che se la dev'essere sciallata mica male in tour praticamente per tutto l'anno. Detto questo, Poetry Of The Deed è un solido disco folk-rock cantautorale, con almeno un capolavoro di canzone (Try this at home) e diversi esempi di eccellente songwriting. Manca giusto l'urgenza dei primi lavori, ma questa frase è troppo da critico per essere stata scritta da me.

14. Bat For Lashes - Two Suns
Label: Parlophone

Ci ho messo un po' a capire questo disco dei Bat For Lashes. Mi fu regalato da una mia amica a settembre, subito prima che partissi per l'ignoto. E l'impressione durante i primi ascolti fu proprio questa: qualcosa di sconosciuto. Tuttavia, se all'inizio questo disco può sembrare estraniante, una volta familiarizzato con la voce dell'affascinante Natasha Khan (impresa difficile per me, abituato a urlacci mascolini, ma certamente più facile se in vita vostra avete apprezzato Kate Bush o Tori Amos) sarà dura non percepire la bellezza di questa opera. Indie-pop raffinato, dalle atmosfere a tratti orientaleggianti, dove piano e tastiere completano il lavoro della voce portante, la quale già da sola sarebbe comunque in grado di sedurre l'ascoltatore più spigoloso e di guidare il suo viaggio nell'ignoto. E una canzone, Daniel, che da sola vale il download di tutto l'album (non parlo di acquisto perché sarebbe ipocrita da parte mia). Da ascoltare sotto le stelle. Grazie Maria.

13. Polar Bear Club - Chasing Hamburg
Label: Bridge Nine

I Polar Bear Club sono un gruppo ciccione. Lo sono i loro riff di chitarra grassi e oleosi, lo sono le ritmiche lente e potenti come il passo di un brontosauro, lo è la voce del cantante Jimmy Stadt, che per quanto giovane e magro, nel suo ispirarsi a Chuck Ragan finisce per far venire in mente un camionista grosso e barbuto - o almeno così era come lo immaginavo io prima di averlo visto. Prendete See the wind, la prima e più potente canzone del disco: ritmica lenta e cadenzata, riff di chitarra che saltellano su note basse senza rinunciare a intelligenti arpeggi d'accompagnamento alle aperture, voce assolutamente ruvida e graffiante che sa essere melodica pur senza perdere la credibilità da duro. E alla fine ci piazzano pure un bel breakdown, per ricordarci che in fondo siamo a fine decennio e il post-hardcore è la tendenza del momento. Come inizio non c'è male. Da qui in poi prende il via un disco godibilissimo, potente e ricco di strizzate d'occhio melodiche, più accessibile dei precedenti lavori della band senza tuttavia rinunciare a una buona fattura compositiva, ad arrangiamenti accattivanti, e a quella vena emo-core che è forse il segno più chiaro del riferimento agli Hot Water Music che i quattro di Syracuse (ah, questi siciliani) hanno deciso di mantenere latente all'interno della loro musica. Assolutamente da avere se vi piace il punk-rock. Da non disdegnare se preferite altri generi: potreste scoprirvi a muovere la testa dopo dieci secondi dalla pressione del tasto play.

12. Converge - Axe To Fall
Label: Epitaph

Ho visto i Converge per la prima e unica volta in vita mia nel 2008, in una calda e appiccicosa nottata milanese. Naturalmente li conoscevo già da tempo: è ben difficile che i Converge passino inosservati a chiunque apprezzi un minimo la musica dura. Ma dopo aver visto un loro concerto, l'impressione che ebbi era che non avevo mai capito niente di loro fino a quel momento. Dopo aver visto Jacob Bannon vagare per il palco come un'anima tormentata che ha quasi paura di quello che sta facendo, e dopo averlo visto trasformarsi nella catarsi in persona, piegandosi in due e vomitando le sue angosce sul pubblico con una voce che ha di demoniaco, posso dire di capire molto meglio il senso della musica dei Converge. Ovvio, in Axe To Fall, come ulteriore esempio di capolavoro post-hardcore metallico dei giorni nostri, non c'è solo la suo voce: c'è anche il drumming veloce, serrato e implacabile a opera di Ben Koller, che in questa occasione pare anche più grindoso del solito, e naturalmente ci sono i riff storti di Kurt Ballou, una delle cose che bramo con più curiosità quando mi appresto ad ascoltare un nuovo disco dei bostoniani. Se siete tra quelli che fanno colazione ascoltando i Dillinger Escape Plan, probabilmente apprezzerete questo album come il precedente No Heroes (2006), tuttavia riconoscendogli l'impossibilità di superare il seminale Jane Doe (2001). Se non siete particolarmente avvezzi a questo genere musicale, che è tutto tranne che accessibile, preparatevi alla massima espressione musicale del malessere interiore. Fatelo vostro, cogliete il suo senso profondo, e la catarsi arriverà e sarà bellissima.

11. Daitro - Y
Label: Purepainsugar

Conosco i Daitro dai tempi di Laissez Vivre Les Squelettes (2005), e ricordo ancora quando, conoscendo il mio atteggiamento nei confronti della lingua francese e dello screamo, non mi sarei mai aspettato di diventare un loro estimatore. Evidentemente, siamo di fronte a un caso in cui l'unione delle parti è superiore alla loro semplice somma. Anche perché lo screamo francese si sta ormai delineando come sottogenere a sé stante, ulteriore conferma di come gli europei abbiano parecchio da dire, quando evitano di copiare dagli americani. In ogni caso, anche quest'anno i Daitro sono stati capaci di soddisfarmi: Y è un gran bel disco emocore, dove le urla sono funzionali al contesto, ma sanno cedere il passo quando necessario ad ampie cavalcate post-rock strumentali e addirittura a momenti in cui compare il cantato melodico (a differenza del precedente lavoro, dove lo scream era l'unica forma possibile). Il mood del disco comunque è proprio come lo volevo, ovvero alternanza di sound caotico e temporalesco e momenti più rilassati: dieci nuove perle di stream of consciousness emozionale da ascoltare in una giornata piovosa. Assolutamente imperdibile. Poi vabbé, a me 'ste intellettualate del tipo canzoni senza titoli (in questo caso titoli come part I, part II, ecc.) stanno un po' sulle palle. I titoli in francese avrebbero certo avuto un fascino maggiore.

10. Biffy Clyro - Only Revolutions
Label: 14th Floor

Il disco dei Biffy Clyro è uscito a novembre ma sarebbe dovuto uscire ad aprile. Poco male, mi accompagnerà nella primavera del 2010. Un disco power pop epico e non ruffiano, infarcito di melodie belle e semplici, arrangiamenti strumentali che sanno complicarsi nei momenti giusti senza comunque perdere l'immediatezza su cui si appoggia ogni canzone. Un disco che prende subito, ma che non stanca in fretta come molti altri. Mi verrebbe da definirlo power pop adulto: non il solito pastone ultra-melodico per teenegers, ma musica suonata da gente con le palle che più che sorprendere ragazzini imberbi vuole intrigare l'ascoltatore che è disposto a lasciarsi trasportare ovunque questi scozzesi abbiano in mente di andare. E non sarà un viaggio breve, comunque. Andate ad ascoltarvi il più recente singolo, nonché prima traccia del disco, The Captain, e ditemi se non vi è venuta voglia di sapere cosa c'è dopo. E comunque pochi cazzi: gli Europei sono più sobri degli Americani. Anche quando si mettono a fare un disco da house party come questo.

9. port-royal - Dying In Time
Label: n5MD/debruit&desilence/Sleeping Star/Isound Labels

Questo è il primo disco italiano nella mia classifica dei dischi migliori del 2009. E se conoscete i port-royal, penserete subito che non c'entra un cazzo né con buona parte di generi musicali di cui abbiamo parlato fino a ora, né con quelli che chi mi conosce sa essere i miei gusti musicali. Ma come si fa a ignorare un disco del genere, anche se non dovessi avere gli elementi necessari per capire questo tipo di musica? Sarebbe stato un errore non fare nemmeno uno sforzo per essere obiettivi, sarebbe stato come fare del male a me stesso rinunciare a questi settanta e passa minuti di tuffo in un mondo sonoro assolutamente affascinante. Mi sono lanciato, e sono felice di averlo fatto. Inoltre ho imparato qualcosa di nuovo: perché i port-royal sono effettivamente una delle migliori band che il nostro paese ha da offrire alla scena internazionale. Tecnicamente, ci muoviamo sui territori dell'elettronica ambient, qualcosa che inizialmente ricorda le atmosfere di un certo chill-out mediterraneo la cui più genuina espressione da me conosciuta sta nelle compilation del Café del Mar (per dire). Però c'è anche altro: qualcuno parla di Sigur Ros, qualcun altro di Mogwai. Due nomi che dicono post-rock, due facce di una ricerca sonora fatta di atmosfere rarefatte e sognatrici, lunghe suite al limite della musica classica, momenti epici. I port-royal sanno integrare alla grande questi elementi in una solida esperienza elettronica, senza rinunciare a un italico tocco di dance che affiora in più parti. Music to make love with.

8. Sophia - There Are No Goodbyes
Label: The Flower Shop Recordings/City Slang/Bang!

I Sophia sono un gruppo Inglese composto essenzialmente da due parti: il cantautore Robin Proper-Sheppard, che si può definire a tutti gli effetti il fulcro compositivo attorno a cui ruota la musica della band, e il cosiddetto Sophia Collective, ovvero un gruppo dalla composizione e dimensione variabile di musicisti volenterosi che collaborano con lui nel produrre dischi che mi sentirei di classificare come indie-rock solamente perché non saprei come altro descriverli. In sostanza, siamo di fronte a dieci canzoni tranquille e malinconiche, perfette per quei momenti dell'anno/della vita in cui per un motivo o per un altro si tirano le somme: se la vostra vita fosse un film, probabilmente in quella parte in cui siete seduti sul portico e guardate un punto indefinito dell'orizzonte ci sarebbe una canzone di questo disco come colonna sonora. Un altro modo per descriverlo è intimo: nessuna epica narrativa, solo il momento in cui si condivide tutto e lo si fa faccia a faccia. Questo strano 2009 ha portato momenti belli e meno belli per ciascuno, e ripercorrerli ascoltando il disco dei Sophia è un buon modo per cullare i nostri ricordi prendendo la regia della nostra stessa vita, e vederli sfumare con sincera nostalgia. Naturalmente non c'è niente di concitato e caotico qui: solo un dolce slowcore sussurrato e riverberato, con archi e piano a impreziosire l'atmosfera e una voce femminile che a volte compare ad aggiungere ulteriore leggerezza. Music to fall asleep with.

7. Chuck Ragan - Gold Country
Label: SideOneDummy

Il cantante di un influente gruppo punk-rock-emo-core scioltosi e recentemente riformatosi, che attualmente attira consensi sia da parte di trentenni nostalgici che di neo-maggiorenni che si comportano come se fossero fan di vecchia data, ha fatto uscire un nuovo disco country-acoustic da solista. No, non sto parlando di Matt Pryor, anche se aspetto con ansia un nuovo disco dei New Amsterdams (magari migliore dell'ultimo). Lo stile cantautorale di Chuck Ragan è piuttosto (e ovviamente, direte voi) legato a quello che erano gli Hot Water Music: il punk è ben presente negli energici riff di chitarra e nella voce graffiante che è diventata un marchio di fabbrica imitatissimo, impossibile da ignorare nel 2009. E nonostante la veste acoustic-folk alleggerisca i toni, l'up-tempo rimane comunque la regola; quando questa viene infranta, ci troviamo di fronte a ulteriori perle di cantautorato sincero, americanissimo, che richiama alle atmosfere rurali a cui il genere ci ha abituato, senza forzare troppo la mano. Ogni singola traccia di Gold Country varrebbe da sola la presenza nella colonna sonora della vostra vita. Il vecchio Chuck è un uomo di mondo, e lo sa. Per questo troverete qui dentro momenti adatti per ogni stato d'animo, a volte ben separati, a volte uniti in un susseguirsi di episodi che solo le grandi storie sanno offrire. Ascoltate questo disco quando partite per un lungo viaggio, vi porterà fortuna e saggezza.

6. Propagandhi - Supporting Caste
Label: Smalltown/Hassle/Rude

Il disco dei Propagandhi è una figata assoluta. Ci sono varie scuole di pensiero riguardo ai canadesi, c'è chi dice che erano meglio prima quando facevano hardcore melodico di scuola anni '90, molto più classico e meno metalloso (ma pur sempre avanti), e c'è chi invece si eiacula in mano ogni volta che esce un loro nuovo disco, a volte ancor prima di averlo ascoltato. Io personalmente metto le metallarate in secondo piano (anche se parecchi momenti sono fottutamente esaltanti) e mi gusto le melodie di Chris Hannah come un sedicenne entusiasta. Anzi, vi dirò di più, probabilmente quando avevo sedici anni era così che avrei voluto che fosse il metal: riff potentissimi, sfoggio sborone di tecnica alla batteria, velocità da capogiro, voce dura che canta melodie accattivanti. E invece no, questo è true melodic hardcore come lo si fa negli anni zero, ovvero eliminando le inutili parti ska degli anni '90 e complicandosi la vita con arrangiamenti sboroni e riff di precisione metallica. Oltre che, naturalmente, toccando temi socio-politici in modo assolutamente non banale nelle liriche. Un gran disco, da ascoltare ripetutamente per capire le diverse sfaccettature che stanno dietro a un primo impatto da erezione.

5. Fine Before You Came - s f o r t u n a
Label: Triste/La Tempesta/Ammagar

Secondo disco italiano nella mia pigra classifica (pigra perché nel ricercare musica alternativa mi affido troppo a canali che ormai nel microcosmo alternativo sono praticamente mainstream, e questi canali, ahimé, tagliano fuori il nostro paese con una bella passata di forbici lungo le alpi). Per giunta, disco milanese: i Fine Before You Came sono gente delle nostre parti. Ovviamente questo non avrebbe assolutamente niente a che fare con la loro musica, se non fosse che mi piace pensare che le atmosfere pesanti di questo disco siano state in parte influenzate dalle grigie e fosche giornate invernali che spopolano in questa zona per la felicità dei meteoropatici come me. Ho ascoltato molto s f o r t u n a durante le mie solitarie serate germaniche, alcune volte con tanto coinvolgimento da ritrovarmi con la gola serrata. Non conosco i ragazzi dei FBYC, ma penso di aver capito qualcosa del loro messaggio: ci vuole così poco a stare male, ed è così difficile poi risalire il buco in cui ci si va a infilare ogni volta, che la sfortuna sembra quasi il leitmotiv della nostra vita. Ma a scegliere siamo noi, è la nostra volontà a determinare il decorso degli eventi. Penso che parlare di sfortuna in Italia sia una delle cose più emo che si possano fare, e per questo i FBYC sono un gruppo emo, forse il migliore del nostro paese. Se invece dobbiamo basarci sulla musica, abbiamo tra le mani sette perle di rock alternativo a cui il prefisso post calza a pennello, liriche in italiano cantate in un modo che suona così diverso rispetto a quanto siamo abituati a sentire, furia emozionale e paesaggi sonori dilatati, una struttura mutuata dallo screamo che calza a pennello con il pathos presente ovunque nei testi e nelle melodie, canzoni ideali per affondare in una bolla di tristezza durante una fredda serata d'inverno. Scaricate s f o r t u n a gratuitamente dal sito dei Fine Before You Came: la musica italiana vi sembrerà ringiovanire come non avreste mai detto.

4. Sounds Like Violence - The Devil On Nobel Street
Label: Burning Heart

Ormai è chiaro: i Sounds Like Violence sono i messaggeri della fine del mondo. Io l'ho capito, e sono pronto ad ascoltare la loro voce e ad accettare il loro immaginario apocalittico. Con il loro primo EP del 2004, The Pistol, ci avevano mostrato una via all'indie rock che passava per il dopo-Refused e per l'emocore più disperato. Con il loro primo LP del 2006, With Blood On My Hands, ci avevano abbagliato con le loro canzoni perfette, incredibilmente immediate ma allo stesso tempo drammatiche e disturbate. Ora, nel 2009, i quattro svedesi confezionano un disco degno di essere la colonna sonora del diluvio universale. Ritmiche a tratti ballabili e a tratti spezzate, dal chiaro orientamento post-, armonizzazioni vocali da brivido e cori angelici (o demoniaci, come volete) che riempiono ogni momento come un'incessante pioggia di anime, chitarre che arpeggiano dolci melodie e si scontrano con la voce abrasiva di Andreas Soderlund, anch'essa in grado di alternare con sorprendente versatilità calore umano e urla di dolore; e poi un'attitudine al sing-along da festa della birra nel paese degli elfi che conferisce a questo prodotto un mood assolutamente europeo: se Fat Mike in Insulted by Germans diceva "Swede bands copy our sound", qui dovrà ricredersi. E' un peccato che, mentre band inglesi mediocri vengano idolatrate per la loro capacità di imitare lo stile del passato più fashion del momento, una band che sa rappresentare perfettamente il grottesco del nostro presente venga completamente ignorata. Forse è un buon segno. Io per sicurezza li terrò d'occhio: quando il cielo si riempirà di nuvole, e creature da mitologia nordica usciranno dai boschi per partecipare all'ultimo festival della storia, i Sounds Like Violence suoneranno sul main stage. L'apocalisse è una festa popolare.

e comunque, momentiibridi vuole bene ai Sounds Like Violence

3. Strike Anywhere - Iron Front
Label: Bridge Nine

Se avete letto il mio post entusiasta sull'hc melodico di qualche mese fa (e se non l'avete fatto fatelo, mica scrivo per i topi che rosicchiano i cavi della vostra adsl) saprete già cosa penso di Iron Front. Riassumendo, io credo che il rock del presente dovrebbe avere tutte le caratteristiche che questo disco ha: musica veloce, dinamica, accattivante, melodica, vitale, sovversiva, immediata, arrabbiata, tanto arrabbiata, così arrabbiata che se penso a Pino Scotto che fa il vero rocker de noartri dicendo cazzo-merda-fanculo su Rock Tv mi viene da ridere. Il punk non deve parlare solo di politica, tanto meno il rock, sono il primo a pensarlo. Però quando l'ascolto di un disco ti fa venire voglia di uscire e fare un gran casino, molti altri eccellenti esempi di musica opposizionale sembrano di colpo annacquati. Gli Strike Anywhere sono uno degli esempi più genuini di come si possa oggi fare un disco semplice (di certo più semplice di Supporting Caste, altro big dell'anno nel genere, e questo è il motivo per cui è più in alto nella classifica) che però ascolteresti di continuo: nulla di nuovo da scoprire, solo melodie spettacolari, ritmiche serrate e l'espressione di un'enorme potenza che deriva dalla rabbia e dalla frustrazione, sentimenti negativi che si trasformano qui in energia positiva purissima. L'orrore del nostro tempo raccontato senza mezzi termini. E quando nella bellissima parte finale di Postcards From Home, Thomas Barnett fa la migliore descrizione possibile dello stress post-traumatico a cui sono soggetti i ragazzi americani spediti in guerra senza troppi complimenti, il pugno in faccia arriva inevitabile: you can't walk away, this light will follow you, you can't walk away because you're so conditioned, you can't walk away, this land will follow you, you can't walk away 'cause this is home.

2. Brand New - Daisy
Label: Interscope

Due premesse: I Brand New non hanno mai fatto un disco brutto; The Devil and God Are Raging Inside Me (2006) è il disco più bello dei Brand New. Detto questo, è molto più semplice capire Daisy, capire l'impatto che ha avuto sui fan più o meno affiatati. Il disco che sta al secondo posto della classifica degli album più belli del 2009 è meno bello del precedente lavoro della stessa band. Sembrerà strano, ma vi ricrederete quando ascolterete Daisy nel modo giusto. Dopo aver scritto uno dei capolavori del dopo-emo, capace di rielaborare il rock alternativo con una personalità che hanno solo i nomi destinati a lasciare il segno, i Brand New se ne escono con un disco crudo, difficile, di certo l'opposto che una consacrazione al successo commerciale vorrebbe (stiamo parlando di un disco prodotto da una major, mica cazzi). Nel 2009 i demoni che Jesse Lacey e soci hanno deciso di combattere hanno una forma ormai diversa dal pop-punk delle origini, e di certo più oscura del rock introspettivo degli ultimi lavori. Daisy è un disco notturno come pochi altri, dove le atmosfere nebbiose degli arpeggi si scontrano con il rumore postindustriale delle chitarre distorte e di una batteria che più che tenere il tempo scandisce il passo dell'uomo che vaga nella città di notte. E se il noise strumentale non bastasse, la voce di Jesse conferisce ulteriore pathos all'atmosfera, esplodendo talvolta in urla di vera follia. Il tutto attraversato da una corrente di melodia impossibile da separare dal contesto, in puro stile Brand New. Procuratevi Daisy, ascoltatelo più volte, immergetevi nelle nebbie che dal New Jersey invaderanno la vostra camera. L'indubbia capacità di questa band di impregnare l'atmosfera con il loro odore, e di lasciare sempre e comunque dietro l'angolo una sorpresa pronta a sconvolgere tutto, vi farà amare questo disco. In attesa di vedere cosa succederà dopo.

1. Banner Pilot - Collapser
Label: Fat Wreck Chords

Eccoci alla numero uno: momentiibridi, tramite mia scelta assolutamente arbitraria, si prende la responsabilità di considerare disco più bello del 2009 Collapser dei Banner Pilot. Molti mi chiederanno di giustificare questa scelta. Del resto come si può far accettare la superiorità di un disco pop-punk a chi non è invasato dal genere come me o a chi non l'ha ancora sentito? Ci proverò in questi termini: chiudete gli occhi, e tornate con la memoria a quell'estate di tanti anni fa, quando eravate adolescenti, la scuola era finita e per tre mesi i pensieri erano le ragazze, gli amici e poco altro. Il futuro era un'entità astratta con un potenziale pressoché infinito, e in quei momenti in cui le cose andavano per il verso giusto ci si sentiva veramente al centro del mondo. Ora riaprite gli occhi, e prima che l'impatto con la dura realtà vi riporti alle angosce di tutti i giorni, pensate che nel disco dei Banner Pilot sono presenti tutti gli elementi necessari per rievocare alla memoria, o reinventare se necessario, ricordi di questo genere. Prima di tutto, la semplicità: in epoca di gruppi pop-punk che piazzano breakdown su breakdown, armonizzazioni vocali spudoratamente finte e scream fuor luogo, le canzoni di Collapser vanno via lisce, senza fronzoli, e ricordano che a suonare il punk rock in fondo non ci vuole niente. Questa semplicità è sinonimo di urgenza, ovvero il bisogno di mostrarsi subito per quello che si è, senza nascondersi dietro costruzioni modaiole. E questa urgenza rimanda immediatamente alla genuinità: what you see is what you get. I Banner Pilot sono limpidi, mostrano la loro musica per quello che è, seguendo in un certo senso la scuola dei Ramones. Ma attenzione: qui non ci sono vintagismi alla Teenage Bottlerocket: il sound di questo disco suona incredibilmente fresco, come a dire che la spontaneità non ha bisogno di citazioni. Ma allora dove si appoggia tutta la magnificenza che vi ho annunciato? Bé, la chiave sta nell'elemento che in questo decennio ha sputtanato il punk, l'hardcore e tutto ciò che segue: la melodia. Nel 2009 possiamo dirlo: la melodia ha rotto il cazzo. Ne abbiamo le palle piene di canzoni violentissime con ritornelli cantati da voci bianche tra uno stacco mosh e l'altro (e per il prossimo decennio è in arrivo il vocoder, quindi preparatevi al peggio), di band che si atteggiano da duri del quartiere e poi ci propinano tiritere che pure Mariah Carey troverebbe sdolcinate, di minorenni fighetti che si spacciano per loser kids ma poi finiscono a scrivere le peggio ballate da prom night, ne abbiamo le palle piene di tutte queste ruffianate che non hanno niente a che fare con il sano bisogno di esprimere il proprio disagio (di origine sociale o esistenziale che sia) ma hanno tanto a che fare con il mettere in mostra il proprio ego. La melodia in questo decennio (ma guardando bene ci saremmo accorti che il processo era già iniziato negli anni '90) ha fatto da cavallo di Troia per il mainstream nella musica alternativa adolescenziale bianca, che sia punk, hardcore o emo, e ha contribuito, assieme a un iperbolico interesse nei confronti dell'immagine, a trasformare un catalizzatore di frustrazioni nell'ennesimo giocattolo del mercato. Il risultato è che oggi il pubblico è completamente anestetizzato, ha bisogno di idee sempre più estreme per stupirsi, e le giovani band le provano tutte per farsi notare: vedi quei buffoni dei Brokencyde o gli esilaranti Attack Attack!. Ciò che all'inizio ci sembrava la novità (la melodia mista alla potenza dell'hardcore? wow, che figata questi Nofx!) oggi ci ha nauseati. La discriminante per essere dei veri alternativi passa sempre di più dal rifiuto del cantato melodico, e infatti oggi nelle serate punk-hardcore nei centri sociali abbondano gruppi che si definiscono old school e assomigliano più o meno tutti ai Comeback Kid, e a volte c'è qualche temerario che si butta nello screamo e nel post-rock strumentale. L'equilibrio pare essersi perso: come fare a non rinunciare a una componente così essenziale e trainante della musica pur senza tuffarsi in un barile di melassa? I Banner Pilot propongono la loro via: punk rock semplice, sobrio, immediato, intelligente. Chiamatelo orgcore o come vi pare, queste definizioni lasciano il tempo che trovano; per me si tratta di pop-punk allo stato puro, a cui non frega niente né di mostrarsi cazzo duro né di accalappiare le minorenni frangiate: le melodie in questo disco suonano finalmente sincere, non costruite per mettersi in mostra ma funzionali alla musica e ai contenuti che i quattro del Minnesota vogliono comunicare. Esattamente come avremmo voluto che fosse il punk quando eravamo adolescenti, e ancora l'innocenza non era stata rubata dalla consapevolezza del mondo reale. Questo è il motivo per cui alla numero uno c'è Collapser dei Banner Pilot. Di certo parecchi penseranno che questo disco non è niente di così esaltante - in realtà lo è, trust me - ma il suo valore è indiscutibile: in attesa di vedere le future evoluzioni della "scena" (attesa non certo priva di qualche brivido...), ecco a voi i titoli di coda di un decennio. Spero che mettano anche voi di buon umore, come hanno fatto con me.

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